Cadempino, un Comune in periferia

Strada Cantonale/Via al Mulino

Dobbiamo fare conoscenza, e permettete allora che mi presenti seppur in modo succinto. Sicuramente la domanda che sorge spontanea in tutti voi è la solita, e cioè, da dove deriva il mio nome Cadempino. Vi devo confessare subito che una certezza non esiste e, in mancanza di dati, o elementi sicuri, mi debbo rassegnare a credere a certi documenti che testimoniano la mia presenza già nell’anno 844.

A quei tempi il mio nome risultava un po’ storpiato e sembra che fosse un Cadampri che, col tempo si è via via trasformato in Catapino, Candulpino, Cadopini e Cadompino per poi stabilizzarsi, prima del XI secolo in quello ancora attuale di Cadempino.

Bè, non c’è niente di strano se alla mia età mi sono dimenticato le mie origini. Tutto quello che riesco a ricordare è che nell’844, mio padrone era un certo Totone da Campione che mi lasciò in eredità ai fratelli Agnello e Fiorenzo i quali, in sede di giudizio dovettero riconoscere che appartenevo al Monastero dei Cirtencesi di S. Ambrogio e se nomino questo Santo è sottinteso che parlo di Milano.

Cosa bella non dura, dice un detto popolare e nel XII secolo, iniziarono i conflitti tra il Monastero citato e il Vescovo di Como Anselmo Raimondi così che, tra una lotta e l’altra cambio nuovamente padrone passando sotto la protezione dei Duchi di Milano.

Strada cantonale

Di certo c’è che ho sempre avuto qualcosa in comune con Lamone tant’è vero che iniziarono subito le controversie per stabilire i confini giurisdizionali la prima delle quali già nel 1803 e fu solo nel 1807 che una speciale delegazione, nominata dalle rispettive assemblee dei due comuni addivenne ad una convenzione che “de bono et aequo” pose fine ad ogni discussione stabilendo in modo definitivo dove dovevo stare.

Cadempino, dunque, un comune antichissimo. Lo testimonia l’Oratorio dei SS Gervasio e Protasio che è un po’ il mio orgoglio e si potrebbe credere che è stato costruito prima del 1000 com’è ricordato nella monografia del Don Sarinelli quando cita un documento conservato nell’archivio vescovile di Milano che ne fa cenno ancor prima dell’881. Di certo la vetustà della chiesetta è ben visibile e ringrazio chi, di questi tempi, ci ha messo mani per portarlo all’antico splendore.

Certo che con il passare degli anni dovetti seguire il corso dei tempi e dopo aver reclamato per la prima volta nel 1877 un deposito postale, l’ottenni finalmente nel 1890 con la nomina, l’anno successivo, del primo depositario postale nella persona del signor Giovanni Lepori. Il deposito fu poi abolito nel 1933 quando fu creato un ufficio unico per Lamone e Cadempino in un nuovo locale sito nelle vicinanze della stazione ferroviaria. Ho detto vicino alla stazione ferroviaria e qui tratto di un argomento che ha fatto scorrere fiumi d’inchiostro ha richiesto una pazienza ammirevole e una costanza degna di lode.
Certo la ferrovia mi ha spaccato in mezzo ma di fronte al progresso e ai benefici che ne sarebbero derivati valeva la pena che mi sacrificassi. Di questi tempi della ferrovia ne farei volentieri a meno ma devo confessarvi che allora ne fui orgoglioso.
Ma bando ai ricordi e guardiamo in faccia alla realtà. Oggi che cosa sono diventato? Sicuramente un Comune che può sollevare una qualche invidiuzza di troppo se penso d’aver risolto la maggior parte dei problemi quotidiani.
Ho le mie strade tutte belle e asfaltate, ho il mio pozzo di distribuzione dell’acqua potabile completamente rinnovato che garantisce la fornitura a tutta la popolazione anche nei periodi di forte siccità, ho le mie scuole elementari pur se in consorzio con Lamone, ho la casa dell’infanzia e ho le mie brave industrie che danno lavoro a tante persone, ho il mio centro per la pratica di diversi sport ma non sono ancora completamente soddisfatto.

Quando sento i miei cittadini conversare tra loro mi accorgo che devo ancora portare a termine la revisione del piano regolatore che, per la sua esecuzione, ho dato incarico all’arch. Enea Mina.
Sono sprovvisto di una sala multiuso per riunioni sociali e culturali ma questo lo devo proprio fare, creare un centro civico che diventi con l’oratorio dei SS Gervasio e Protasio il mio simbolo per il futuro.
Bè, credevo di essere ormai a posto ma mi sono accorto che dovrò rimboccarmi le maniche, come si usa dire, per poter completare l’opera. Opere che costano fior di quattrini dopo le quali però penso proprio di essere ben completo. Ah, dimenticavo… questo grazie all’apporto delle grosse industrie che si sono stabilite sul mio territorio.